In merito al dibattito politico sullo strumento del reddito di cittadinanza, emerge la disparità di trattamento tra chi usufruisce di tale sostegno e i giovani del servizio civile, i quali svolgono un servizio per cinque giorni settimanali e – giustamente – obbligati a registrare le presenze e gli obiettivi raggiunti e quelli in fase di attuazione i quali percepiscono un rimborso il più delle volte inferiore. Non c’è più tempo, bisogna garantire il diritto ad un sufficiente trattamento economico almeno a 500 euro ed altresì come accade per il reddito di cittadinanza, garantire la possibilità di ripetere il servizio civile per i giovani che lo abbiano già svolto magari anche secondo criteri logici (ad esempio solo per gli operatori meritevoli, dando sempre la precedenza ai cittadini che non lo abbiano ancora svolto, anche per evitare posti utili finanziati e non coperti, consentendo a tale scopo la partecipazione ai bandi con riserva in caso di posti disponibili anche a chi ha già svolto il servizio civile. Una nuova identità culturale del servizio civile, quella della formazione e del lavoro e più in generale delle politiche attive, garantirebbe la strutturazione definitiva dei fondi tra le altre cose, da sempre precari e indefiniti. Un servizio civile inserito nei canali del PNRR dedicati alla formazione, lavoro e politiche attive garantirebbe stabilità al sistema.